In questo momento grava sulla Sardegna la minaccia di svariate centinaia di progetti per torri eoliche a terra e a mare e grandi impianti di fotovoltaico, per un totale di 57 GW di potenza nominale.
Una quantità enorme, basta pensare che il nostro fabbisogno arriva nei momenti di massimo utilizzo a circa 1,7 GW di potenza assorbita.
Nel 2023, l’attuale ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin (governo Meloni) ha deciso di aumentare notevolmente il tetto della potenza installabile in Sardegna alzandola a 6 GW da realizzarsi entro il 2030.
Tutto ciò sta avvenendo nel totale immobilismo della classe politica regionale e, soprattutto, da parte della maggioranza che ha governato l’isola negli ultimi cinque anni, la quale non ha colpevolmente individuato le aeree idonee avendone competenza statutaria.
Così, a fronte di investimenti a basso rischio imprenditoriale e alto rendimento economico, si assiste passivamente alla svendita del nostro territorio in favore di investitori (spesso) società multinazionali alle quali tornano i cospicui utili, mentre la forza lavoro impiegata e le risorse economiche che restano qui da noi sono davvero modeste.
Quali le soluzioni?
In base all’art. 4 dello Statuto Sardo la Regione ha potestà normativa in materia di produzione e distribuzione di energia elettrica.
Un suggerimento ci arriva dai primi anni di vita della nostra Autonomia Regionale, quando partendo dalla necessità di promuovere l’utilizzo del carbone del Sulcis, con le leggi regionali 61/1950 e 9/1953 era stato istituito l’Ente Sardo di Elettricità, poi successivamente nazionalizzato.
Che cosa prevedevano queste norme? La possibilità di realizzare e condurre impianti idroelettrici e altre forze naturali, nonché di distribuire l’energia elettrica; e inoltre la prelazione dell’ente nella concessione di acque pubbliche e altre forze naturali per la produzione e distribuzione di energia elettrica.
Oggi che le politiche europee e nazionali (a torto o a ragione) hanno previsto la liberalizzazione del mercato della produzione e distribuzione di energia, bisogna prevedere nuove tutele dell’interesse pubblico.
LA NOSTRA PROPOSTA:
Appena insediato il nuovo Consiglio regionale, occorre:
- legiferare immediatamente per l’individuazione delle aree idonee (zone industriali, zone degradate o comunque non di pregio archeologico o paesaggistico), previa eventuale moratoria di 6 mesi per la redazione delle cartografie;
- istituire per legge una “multiutility” regionale in materia energetica, che abbia la facoltà di entrare in partecipazione minoritaria in alcuni investimenti energetici da acquisire sotto forma di royalties per lo sfruttamento della risorsa naturale, nonché di subentrare agli enti nazionali nelle concessioni dell’idroelettrico, attualmente di prossima scadenza;
- Royalties e proventi da utilizzarsi con finalità di specifici vantaggi, anche economici, per l’intera popolazione sarda.